La pandemia che ha contraddistinto la vita di tutti noi nell’ultimo anno ha permesso di vedere le più ampie rappresentazioni del genere umano. La popolazione globale (e quella italiana non fa eccezione) si è suddivisa nei più svariati “partiti” a seconda di come si volesse interpretare la situazione. Al buon senso e all’equilibrio di molti hanno fatto da contraltare varie correnti che vanno dagli “eremiti” che si sono barricati in casa auto isolandosi, ai “complottisti” per finire ai “negazionisti”.  Ognuno alla loro maniera ha rappresentato una frangia pericolosa che altro non ha fatto altro che alimentare un senso di irrazionale inquietudine e scarsa lucidità nella gestione del problema. La governance da questo punto di vista non ha saputo dare quell’ordine e quel rigore che la sua funzione avrebbe dovuto dare in un momento in cui la problematica umana e sociale superava il mero profitto di una lobby piuttosto che un’altra. Laddove questo ordine è stato impartito e rispettato adesso vede i propri cittadini uscire liberi da vincoli di mascherina: per informazioni chiedere a Cina ed Israele, due stati con una forte connotazione militare. Nel primo caso si è addirittura esasperata questa connotazione. I militari che andavano a trascinare fuori dalle abitazioni le persone per obbligare alla vaccinazione denotano ancora una volta che il governo cinese pesi la vita umana in egual misura al costo del lavoro.

Nel caso israeliano, però, si è potuto riscontrare altrettanta efficienza evitando effetti collaterali di cui sopra. E’ stato dichiarato “uno stato di guerra” e pertanto è stata coinvolta un’azione militare di controllo sia da un punto di vista di sicurezza delle strade, sia da un punto di vista logistico nelle gestione degli accessi ai vari vax point e nella distribuzione dei vaccini. A ciò ha dato contributo la forte cultura militare legata alla disciplina e rispetto delle istituzioni insita negli israeliani il cui servizio militare dura 3 anni per gli uomini e 1 per le donne.

Questo fenomeno dovrebbe portare a riflettere su quella che dovrebbe essere la funzione dei corpi militari anche negli altri paesi, in primis l’Italia, dove ancora a distanza di oltre 12 mesi si da prova di mancanza di un protocollo chiaro da osservare. Tralasciando la guerra al ribasso sui prezzi perpetrata dall’Europa, si è potuto riscontrare un’avvicendarsi di servizi scadenti legati principalmente all’arretratezza di molte strutture sanitarie pubbliche, falcidiate anche nelle risorse professionali dalle politiche degli anni passati e con una difficoltà nel fornire anche solo un servizio di contatto e distribuzione dei vaccini.

L’Esercito Italiano è una delle organizzazioni statali più numerose in termini di personale. In aree a scarsa diffusione occupazionale come il Mezzogiorno ha rappresentato un ‘opportunità di lavoro per molti. Ma si tende a concepire il militare come un’entità deputata alla guerra e all’uso delle armi, se in missione, o a scaldare la scrivania di un gabbiotto di qualsivoglia caserma in tempo di pace.  In una guerra subdola contro un nemico invisibile che continua a mietere vittime, l’esercito può avere una funzione molto utile soprattutto a livello sociale ed umanitario. Come?

Mantenendo ordine nelle strade ed evitando situazioni deplorevoli come quelle capitate nella Torteria di Chivasso, dove oltre al rischio epidemico, si conterrebbe un rischio di ispirazione della disobbedienza, alla diseducazione, al danneggiare inevitabilmente anche i ristoratori più rigorosi che rischiano una chiusura a causa dell’impertinenza di alcuni colleghi.

Fornendo assistenza alle categorie più fragili e limitate agli spostamenti con l’espletamento di funzioni come la consegna di spesa e farmaci.

Fornendo, altresì, un servizio logistico nella gestione della convocazione dei destinatari dei vaccini, nella consegna e distribuzione di quest’ultimi.

E’ una proposta fuori dal mondo insegnare a dei ragazzi in ferma breve a fare una puntura e un bendaggio? Serve necessariamente una laurea in materie mediche e affini? Eppure a molte generazioni sono state fatte iniezioni da parte di genitori che non avevano certo fatto dei corsi di formazione.

La pandemia, nella sua tragicità, ci offre l’opportunità di riconsiderarci all’interno di una società per evitare o almeno limitare tanti errori occorsi con il Covid-19, il cui prezzo da pagare è stato e sarà altissimo.

Potrebbe essere un’occasione per rivisitare in una chiave più utile da un punto di vista sociale il ruolo di certi corpi le cui funzioni vengono spesso e volentieri messe in discussione. Probabilmente il servizio di leva, non più obbligatorio, potrebbe avere una sua connotazione precisa nel processo educativo e di alfabetizzazione sociale delle fasce più giovani, dove il senso civico e il rispetto delle istituzioni sono sempre più latenti.