Architetto Chivassese

Sono parte di quella platea, delle libere professioni, che quasi non è stata sostanzialmente toccata dai decreti governativi finora emanati: questo nel bene e nel male.

Fin dal fatidico 9 marzo 2020, nonostante, come già detto, quasi non ci interessasse direttamente, ho subito pensato che fosse opportuno anticipare i tempi e chiedere ai collaboratori di lavorare da casa, ciascuno secondo le proprie possibilità.

Chivasso
la locandina che dal 9 marzo capeggia sulla porta dello studio

Personalmente ho continuato ad uscire, ad andare in ufficio a sbrigare alcune cose che proprio non riesco a svolgere a casa, mio padre, ingegnere, viene più di rado; ogni tanto c’è anche Mauro, che, come noi, resta rintanato nella sua stanza — citando un celebre film, al momento abbiamo la media di 2 stanze e mezzo a testa.

Inoltre ho continuato a visitare i cantieri, a fare direzione lavori.
Perché i cantieri edili non si sono fermati subito…la domanda che ci ponevamo in quei giorni era più o meno questa: “sarà mica che, come noi liberi professionisti, anche gli artigiani e gli operai sono immuni?”
Se non altro ho avuto l’occasione di girare, di vedere come tutte le città e i paesi siano davvero vuoti, come i balconi sono diventati assai più popolati, come le abitazioni sono necessariamente ridiventate il fulcro della vita delle persone e non solo un letto su cui rimbalzare giusto per dormire e ripartire l’indomani.

Questo mi ha fatto riflettere anche sulle abitudini di vita attuali: vivere in quattro in un bi-tri locale è difficile, sopratutto senza avere una visione chiara dell’immediato futuro, senza orizzonti temporali.
Il “mercato” immobiliare ci ha insegnato negli ultimi decenni che le stanze si sono ridotte di dimensioni, il numero stesso di stanze per abitazione si è ridotto drasticamente.
Ma questa situazione sta facendo venire alla luce come invece le case “di una volta”, con dimensioni decisamente più generose, siano forse più consone ad essere vissute, ad essere apprezzate, ad ospitare una famiglia: ciascuna stanza con una funzione e la possibilità di chiudere una porta per recuperare un briciolo di quella intimità personale che la convivenza necessariamente limita.

E nel frattempo siamo bombardati da una comunicazione istituzionale schizofrenica: quello che ci era stato dipinto come uno sprint si sta rivelando una maratona; un giorno viene vietato, a parole, un qualche cosa e l’indomani si scopre che non si è chiuso nulla di nulla. E viceversa.

Per il momento, mi ritrovo ad apprezzare questo rallentamento globale, le strade vuote, il silenzio delle attività antropiche e la natura che, lei sì, in questi primi giorni di primavera, rinasce vigorosa e pare indifferente alle umane vicissitudini.

…ma…non è il tempo di stare fermi!

La chiamata

Tuttavia una mattina recente ho ricevuto una chiamata: un Tenente Colonnello del I Reparto Infrastrutture mi pone il problema: hanno bisogno di posti letto per ospitare malati COVID-19, e volevano predisporli in un intervento torinese, in zona piazza d’Armi, che avevo curato pochi mesi prima.

Così ci confrontiamo subito su quello che poteva essere la strada da percorrere, e con mio padre ci mettiamo immediatamente a studiare i decreti. Ci confrontiamo con i vari funzionari pubblici con cui abbiamo avuto rapporti, un dedalo di telefonate e di studio che dura lo spazio di un fine settimana, per produrre infine la soluzione.

D’altronde è sempre piacevole avere a che fare con persone che hanno voglia di risolvere problemi, operativi, che si mettono a loro volta a disposizione come facilitatori e riconoscono l’autorevolezza delle discipline tecniche.

Di fatto quindi, la nostra Regione da qualche giorno dispone di molti posti letto in più, raddoppiati peraltro rispetto alle iniziali previsioni, e sono orgoglioso di essere stato parte di questo ingranaggio, naturalmente a puro titolo di volontariato, mettendomi a disposizione per quelle che sono le mie competenze, a servizio del territorio, dell’emergenza, e della nazione stessa.

A cose fatte ho potuto, con alcuni amici, commentare: “ecco perché non hanno chiuso gli studi professionali!”

Francesco Vaj in modalità smart-working dalla postazione di casa

 

Ricordo benissimo il 23 febbraio quando iniziò a diffondersi la notizia che le scuole avrebbero chiuso ed il 9 marzo,quando tutto si è bloccato. Io davanti al televisore ad ascoltare il discorso di Conte con molta attenzione. Mi sono chiesta cosa avrei fatto il giorno dopo!

Ilaria Giovannini

Tutte le certezze in fumo! La paura di non sapere come sarebbero state le giornate future, il timore di riorganizzare la propria vita ed il lavoro, hanno generato in me un senso di impotenza e di inquietudine.

Poi il giorno successivo quando ho capito che il settore agricolo avrebbe potuto continuare, mi son sentita subito risollevare.

Ilaria ed il marito Ivan Rosamilia al lavoro

D’altronde, non poteva andar diversamente! Chi semina la terra ? Chi produce beni di prima necessità?! Gli agricoltori, gli allevatori che non si fermano mai durante l’anno, festività comprese e, vien da dire, anche Covid-19 compreso.

Io, mio fratello Matteo e mio papà Gian Carlo gestiamo l’Azienda Agricola , alleviamo bovini di Razza Piemontese da sempre che nutriamo con alimenti auto-prodotti e vendiamo la nostra carne direttamente al consumatore.

Matteo Giovannini

Possiamo consegnare a domicilio ed in questo periodo difficile, avendo moltissima richiesta, cerchiamo di raggiungere tutti i nostri clienti per consegnare i pacchi carne direttamente a casa loro .Da Torino a Chivasso, da Ivrea a Verolengo.

Nonostante tutto ci sentiamo fortunati di riuscire a svolgere il nostro lavoro e ci auguriamo di ritornare presto alla normalità, ad abbracciarci, a scambiare 4 chiacchiere senza una mascherina sul viso.

 

Giancarlo Giovannini

Faccio la mia professione sempre avendo mantenuto il mio ambulatorio di Chivasso e altri due municipali a Verolengo aperti, oltre ai turni di Guardia sul Territorio, pur cosciente di rischiare anch’io d’ammalarmi e di contagiare seppur con mascherina ffp3 (regalatemi da un paziente gentile).

L’ASL come disposizioni di protezioni è pressoché assente: non ci ha fornito adeguate DPI (dispositivi di protezione individuale n.d.r.) se non poche mascherine chirurgiche ed un numero irrisorio di camici di carta usa-e-getta,.

Inoltre ci ha quasi abbandonati al nostro destino obbligandoci però a mantenerci operativi e neppure tanto ristorati da numeri di telefono -uguali anche per l’utenza- a cui raramente risponde qualcuno.

Sento spesso colleghi di ospedali che fronteggiano, anche loro praticamente non in sicurezza, la situazione ed allora mi faccio coraggio perché mi sento privilegiato: “almeno” non devo operare dentro ad una struttura infetta.

Desidero ardentemente che le cose cambino in meglio per la nostra Chivasso.

Chivasso
il dott. Alessandro Manueddu

In questi tempi di Coronavirus, un segnale di speranza proviene dalla natura e più strettamente dalle api che da milioni di anni svolgono incessante il loro lavoro con estrema naturalezza e operosità.

Api e apicoltori, custodi di un mestiere di allevamento per portare sulle tavole del buon miele fresco, si stanno risvegliando dal torpore invernale per ripartire con una dolce primavera.

Marco all’opera

Anche le mie api che si trovano tra il Canavese e la Valle Orco stanno ripartendo per una nuova stagione. L’apicoltura facente parte del settore primario è stata chiaramente esclusa dai blocchi, perché produce materie prime alimentari.

E’ chiaro che è surreale lavorare durante il lock down ma dobbiamo farlo perché le api oltre a produrre preziosi prodotti sono utili all’impollinazione di piante coltivate e spontanee…tuttavia per me qualcosa è cambiato perché ho dovuto ripensare a tutta la mia organizzazione, in primis sposto gli alveari con un camion da solo senza aiutanti anche perché ho un carrello elettrico per il carico-scarico degli alveari dal mezzo, ma sfortuna vuole che il carrello elettrico durante uno spostamento si rompe. Cerco di capire il motivo tramite un elettricista che mi segnala il problema quindi ordino il pezzo alla ditta produttrice che non può spedirmelo perché le spedizioni in Europa per questi articoli sono bloccate, allorché non demordo e sposto le api senza aiuto meccanico. E’ chiaro è più faticoso ma non c’è alternativa bisogna tenere duro e non mollare.

Gli operai agricoli non si trovano anche perché tutta la manodopera agricola in Italia è straniera in quanto purtroppo noi italiani non consideriamo il lavoro agricolo abbastanza nobile e in più chi potrebbe venire a lavorare ha paura del coronovirus.

Sicuramente svegliarsi di notte prendere il camion e spostare da solo è una grande fatica ma questo periodo sicuramente passerà e si tornerà alla normalità. Le mie giornate sono una sfida quotidiana per far star bene le mie api e la mia famiglia ma sono certo che in ognuno di noi questa situazione insegna qualcosa di profondo e ci fa riflettere sulle nostre radici e sulle nostre emozioni.

all’alba a spostare api

Concludo ricordando che la dolce primavera inizia per tutti e tutto si risolverà per il meglio soprattutto se tutti faranno un piccolo o grande sacrificio per rendere il nostro mondo migliore, allentando tutti i problemi che attanagliano le famiglie e le piccole attività imprenditoriali.

Il 16 Novembre 2019 ho creato un gruppo Facebook che ho nominato”Donna!” e circa due mesi fa ho postato questo messaggio: “Tra voi c’è qualcuno che come me ha il desiderio di scrivere un libro?”.
Da quel momento il mio sogno e quello di altre nove donne è diventato realtà: abbiamo pubblicato il nostro libro in solo 40 giorni; responsabilmente abbiamo deciso di rispettare le regole lavorando da casa in Smart Working, ritagliando il tempo al lavoro e alla famiglia.

Avremmo voluto manifestare all’umanità la nostra immensa felicità, ma ciò che ogni famiglia sta vivendo ci ha impedito di incontrarci e abbracciarci.

Siamo state molto combattute tra il pubblicare o fermarci, poi ha prevalso la voglia di non arrendersi, abbiamo scelto la fierezza di noi stesse e siamo andate avanti sussurrando al mondo intero che Andrà tutto bene!

Avevamo un sogno, un progetto: “Donne e un filo di seta, dal Social al Libro”.
Abbiamo l’ambizione di condividere il messaggio a tutte le donne e agli uomini che le amano che, nonostante le difficoltà, non bisogna mai mollare, andare avanti, credere nel futuro.

In parte il sogno si è avverato, oggi il nostro libro è nato, lo abbiamo prodotto in formato cartaceo e e-book e siamo profondamente orgogliose  di questo: molte di noi non avevano le competenze necessarie per arrivare a tanto, ma ci siamo aiutate imparando cose che fino agli inizi di Febbraio nemmeno immaginavamo.         

la copertina del libro e le autrici

Abbiamo un altro sogno da realizzare: un giorno, in un luogo tra il Piemonte e la Campania, percorrendo circa 200 km, ci incontreremo tutte per festeggiare questo traguardo.Magari su una bellissima spiaggia, vestite di bianco, tutte per mano, abbracciate, o a scattare fotografie per ricordare che anche se non ci conoscevamo di persona abbiamo superato le barriere della distanza e abbiamo vinto la paura del futuro.

Siamo davvero molto legate dal Filo di Seta che abbiamo scelto per il titolo del nostro libro; ci siamo aperte, confidate, insieme, ognuna a casa propria; abbiamo riso e pianto.
Questo vogliamo raccontare al Mondo.

Grazie tante,

Rosanna Fabbricatore, e le mie compagne di viaggio: Antonella Cappelletto, Eleonora Barile, Eliana Cantaro, Rita Rosta, Romina Rizzo, Emma Marzi, Chiara De Santo, Rachele Manzoni,  Laura Salierno.

Lavoro in un supermercato in centro Torino.

Da quando è iniziato il tutto siamo stati assaltati da clienti per acquisti da fine del mondo come se dovessimo chiudere da un minuto all’altro!

Valentina a lavoro

Il contatto con il pubblico non è mai facile, ma in questi casi a volte è ingestibile: cerchiamo di far rispettare le regole, in più siamo sottoposti a continui controlli tra ASL e carabinieri…abbiamo paura anche noi di quello che c’è intorno ma non possiamo permetterci di distrarci e soprattutto di farci prendere dalla tristezza e paura

La nota positiva è che alcuni clienti ci viziano con torte fatte in casa e caffè!

Ed eccolo dunque arrivare il giorno della serrata, il 9 marzo, il giorno prima del mio compleanno.

Sembravano così distanti quelle immagini che un paio di mesi prima arrivavano dalla Cina, tutti reclusi in casa, negozi chiusi, ospedali al collasso e infine purtroppo anche tanti, troppi lutti.

Com’è dunque cambiata la mia vita professionale e privata ai tempi del coronavirus: sono una partita IVA titolare di una pizzeria da asporto a Settimo Torinese… posso lavorare con la serranda abbassata e ho perso almeno il 40% del mio fatturato abituale ma almeno riesco a pagare le spese, forse sono ancora fortunato rispetto a chi ad esempio possiede un bar, un ristorante o perché no un cinema; si lavora con la paura e nei volti della gente si legge lo sconforto.

Ricordo che prima era una cosa normale recarsi anche di corsa al supermercato perché era finito il basilico o la fontina… adesso non è così, l’altro giorno ho fatto 55 minuti di coda solo per entrare nel punto vendita e dunque ho perfezionato le mie capacità logistiche: cerco di comprare una sola volta alla settimana tutto ciò che serve senza sprecare altro tempo.

Mentre ero in coda riflettevo su quei racconti delle lunghe file per il pane e altri generi alimentari durante l’ ultimo conflitto mondiale che fanno le mie nonne(che non vedo più da quasi un mese)… sto provando in minima parte i disagi della loro infanzia.

Posso solo sperare che, come è finita quella guerra, passerà anche questo terribile periodo e sarà bello poter tornare alla nostra banale ma rassicurante routine quotidiana, incontrarsi con un amico e andare al bar a parlare di calcio sorseggiando un caffè!

Ed ecco anche io ho l’opportunità di raccontare questo…periodo di quarantena…

Sono Paolo vivo in famiglia con i genitori ormai non più giovani ma ora tutto procede abbastanza bene.

Io continuo ad andare a lavorare – essendo un dipendente di un’azienda di trasporto pubblico – in condizioni un po’ precarie in quanto non siamo dotati di mascherine fornite dall’azienda; comunque si lavora e in questo momento è già una cosa importante…

Anche qui hanno “tagliato” il servizio riducendo le corse e non c’è il lavoro per tutti. Dal prossimo mese scatterà la cassa integrazione per molti di noi.

Paolo Zebrotto prima di cominciare la corsa davanti a Porta Susa

Per quanto riguarda la vita quotidiana ormai è un’impresa trovare una mascherina nelle farmacie e un’odissea a fare la spesa. Noi andiamo una volta alla settimana e mi faccio una domanda, perché non fanno tutti così??

Ci sarebbero meno code davanti ai supermarket e il rischio di contagio diminuirebbe.Dico un ultima cosa FORZA Popolo Italiano insieme possiamo farcela se rispettiamo TUTTI le regole!!!

Paolo Zebrotto prima di cominciare la corsa

Non credo che la nostra generazione si aspettasse di poter vivere una situazione così estrema come questa.

Relegati in casa a convivere con la paura, la rassegnazione e soprattutto con la solitudine.

Persone come me, abituate al caos, al non avere tempo, dall’elevata socialità, si sono ritrovate improvvisamente rinchiuse dentro 4 mura a parlare solo con se stesse. Però c’è un lato positivo.

Carmine all’opera

Io ho riscoperto molte cose.
Il piacere di stare a casa e godermi una quotidianità diversa dal solito.
Ma anche capire quanto ami il mio lavoro e quanto mi manchi la routine con i miei affezionati clienti.

Ci rivedremo presto! E con una nuova consapevolezza.
Nel frattempo mi alleno con i nuovi clienti … 😂😂😂

i “nuovi clienti”

#iorestoacasa #andratuttobene #mimancate #amoilmiolavoro

Sono la giovane chef di un ristorante esclusivo di Torino.

Il ristorante dove lavoro e’ stato uno dei primi a chiudere in città’. La chiusura e’ avvenuta in maniera graduale: prima la pasticceria e poi la cucina. C’è stato un calo del fatturato giorno dopo giorno finchè la titolare ha chiesto a noi dipendenti di rimanere a casa. Essendo un ristorante che girava parecchio, si e’ chiuso tranquillamente e si sono salvati tutti i posti di lavoro. Siamo fortunati!

Adesso, da diverse settimane, sono chiusa 7 giorni su 7 nella cucina di casa mia a Chivasso, invento e cucino nuove ricette per il ristorante.

Ho appena letto che i bar, le discoteche e i ristoranti saranno gli ultimi a riaprire, e penso…

Vorrei vedere non solo la luce in fondo al tunnel. Ma un grande arcobaleno di speranza, come quello tutto mani e cuori che i bambini dipingono sulle lenzuola appese.