Voglio condividere con voi una poesia: “Guarire”, di Irene Vella
E la gente rimase a casa e lesse libri e ascoltò e si riposò e fece esercizi e fece arte e giocò e imparò nuovi modi di essere e si fermò e ascoltò più in profondità qualcuno meditava qualcuno pregava qualcuno ballava qualcuno incontrò la propria ombra e la gente cominciò a pensare in modo differente e la gente guarì.
E nell’assenza di gente che viveva in modi ingoranti pericolosi senza senso e senza cuore, anche la terra cominciò a guarire e quando il pericolo finì e la gente si ritrovò si addolorarono per i morti e fecero nuove scelte e sognarono nuove visioni e crearono nuovi modi di vivere e guarirono completamente la terra così come erano guariti loro.
In questo periodo di crisi, le categorie di medici e infermieri sono le persone più sollecitate, tuttavia per far funzionare la “macchina” ospedale ci sono un sacco di altre persone in prima linea ed a contatto con il pubblico: è il caso degli addetti alla portineria e al centralino.
Dal lunedì al sabato 1 addetto si occupa di portineria, gestione mezzi che entrano ed escono dal cortile informazioni alla gente che entra in ospedale cercando di far mantenere la distanza di 1 metro, quindi a contatto diretto con l’utenza, 1 altro addetto si occupa della consegna dei referti degli esami del sangue dalle 8 alle 18 e gli altri 3 addetti rispondono al telefono: in 8 ore si ha una media di 200/250 chiamate a telefono…
Durante il pomeriggio rimaniamo in 2 o 3 operatori che fanno portineria e centralino.
Di notte c’è sempre 1 operatore che fa centralino e portineria.
Alla domenica si fa centralino e portineria in 2 operatori, dalle 6 alle 22 e da soli dalle 22 alle 6.
Ovviamente non non siamo gli eroi del DEA (il pronto soccorso, ndr) ma noi mettiamo in contatto i reparti interni con qualsiasi numero di cui hanno bisogno, rispondiamo a qualsiasi utente che necessita di GUARDIA MEDICA o IGIENE PUBBLICA per avere notizie sul COVID 19
Questo è in breve ciò che grosso modo facciamo. Non vogliamo una medaglia, e per questo voglio restare anonimo, ma sappiate che anche noi stiamo combattendo!
E’ mattino, una splendida giornata di sole anche oggi, il cielo è sereno ed fa quasi caldo, c’è un venticello leggero che sa proprio di primavera. Spalanco la finestra e vedo la strada deserta, il balcone di fronte con il cartellone che ogni volta leggo con quel filo di speranza che ancora ho, nonostante tutto.
Sembra così tutto tranquillo intorno a me, ogni tanto solo qualche passante nella via che cammina trascinando con sé il carrellino della spesa, qualche rumore di un auto lontana ma anche la sirena di un ambulanza che corre veloce , già…perché là fuori si nasconde quel terribile mostro invisibile, si nasconde in modo subdolo dentro le persone, quel mostro che ha spazzato via i nostri sogni, i nostri progetti, che è capace in poco tempo di toglierti il respiro.
Sono nata in una cittadina della Liguria vicino al mare ma amo la montagna da sempre e il destino mi ha fatto incontrare quello che è poi diventato mio marito da un paio d’anni, un biellese, per cui mi sento anche un po’ piemontese e da più di otto anni.
La nostra vita ora è cambiata, è stata stravolta da quel invisibile mostro, certo è per tutti noi così ma per me lo è di più. Sino a due settimane fà ero una pendolare che, per amore, dal venerdì al lunedì prendevo il treno, e dopo tre ore e mezzo di viaggio arrivavo a Biella da lui, ma ora, ora tutto è diverso. Ho mia madre novantaduenne a cui pensare qui in città ed essendo l’unica figlia mi devo prendere cura di lei, lei che è quasi totalmente invalida seppur ancora arzilla.
Tutto è fatica, tutto è pesante per me adesso più che mai perché quel mostro invisibile ha bloccato ogni cosa ogni sogno ogni viaggio, tutto, tutto quanto. E’ dura la mattina alzarsi nonostante quel bel sole primaverile che attraverso le persiane mi esorta a scendere dal letto e iniziare la giornata, una giornata fatta di lavori domestici, di doveri verso il genitore anziano, di quella mezzora in cui scendi per fare la spesa coperta come un alieno da film di fantascienza, di programmi televisivi, di qualche ora passata sul pc, di lacrime e pochi sorrisi strappati dalla telefonata dell’amica che ti chiede ogni giorno come và come stai.
E’ dura non poter stare con tuo marito per poter sorreggerci a vicenda in questo momento così difficile per tutti noi, è dura cercare di salvaguardarti la salute e quella di tua madre mantenendo autocontrollo e rigore seguendo le norme igieniche nei suoi confronti, è dura aiutarti ogni giorno dentro l’anima quando invece vorresti urlare e gridare al mondo intero la tua rabbia e la tua sofferenza, è dura è dura ma, come mi ha insegnato la mia amata montagna, ogni volta che devi salire in cima devi sudare, devi fare appello a tutta la tua forza per poter vedere finalmente il panorama dalla vetta anche se hai le gambe che non ti reggono più.
Seguo così il sentiero della speranza, è lungo e faticoso con salite ardue e piene di ostacoli, non si vede mai la cima anche se ti sembra sempre così vicina da raggiungere, ma alla fine eccola, e lì tiri il fiato, asciughi il sudore e ti riposi, ti riprendi..
È da poco passata la mezzanotte. Sono 8 giorni che sono chiusa in casa.
Fuori il mondo non è più quello che conoscevo, quello in cui vivevo fino ad un mese fa, dove eravamo tutti presi dal vivere di fretta per qualsiasi cosa: lavoro, scuola, figli ecc.
Ora tutto è cambiato. Per sempre. Non torneremo più ad essere quelli di prima.
Questo virus ci ha insegnato la vera paura: che tutto può finire in un attimo. Paura di perdere le persone più care, di perdere noi stessi.
E allora, quando sarà tutto finito, avremo davvero l’obbligo di riprendere in mano la nostra vita, come ci siamo ripromessi chissà quante volte. Dobbiamo tornare alla Vita veramente, senza scuse; senza “se” e senza “ma”.
Perché ce lo meritiamo! Perché noi siamo più forti di lui! Perché il riscoprire che l’unione fa veramente la forza, dà la giusta carica per sentirsi parte di una Comunità troppe volte lasciata a se stessa. E allora ripartiremo tutti insieme.
Ricominceremo a lavorare, ad andare a scuola, a vivere le nostre vite, ma con una certezza in più: nulla sarà dato più per scontato. Nulla sarà più come prima.
Il tempo è grigio,i balconi si stanno bagnando di pioggia,le piante muovono le foglia, c’è ebrezza…
Tutto è triste,anche il silenzio che ti assale attorno ti chiude in una solitudine irreale…Ecco…l’unico rumore mesto e lontano,un aereo ✈
Anche la natura sembra percepire questa nostra malinconia: oggi gli uccellini non si sentono cinguettare; il mio cane 🐕 dorme sul suo cuscino e i miei gatti 🐈 fanno il pisolino sulle sedie..sono tranquilli.. non percepiscono nulla.
Io…sono qui, in un angolo della mia cucina, seduta in poltrona e penso…Ecco il Coronavirus come ha trasformato la nostra vita, le nostre abitudini….si pensa, si scrive, si prega, si comunica attraverso whatsapp con gli amici 👬…
Amici cari che in questa solitudine 😞 li sentì ancora più vicini, vuoi loro ancora più bene, non vedi l’ora di rincontrarli per abbracciarli…
Se ,da una parte è molta sofferenza, dall’altra è dono 🎁
Dono per pregare di più e intensamente…per trovare conforto dalle nostre famiglie… per trasmettere loro questa Fede più intensa…
Pregare specie per questi nostri fratelli colpiti dal virus 🦠 , per gli operatori sociali…per i medici che mettono a dura prova la loro vita per il bene degl’altri…
A questi tutti…un accorato ringraziamento e un caloroso applauso per tutto l’Amore che mettono…
Amore…la più bella parola! Nell’Amore c’è tutto: c’è ogni bene!
Siamo una famiglia con 2 bimbi piccoli di 2 e 4 anni. Abbiamo appreso la notizia che il coronavirus era arrivato in Italia, quando ci trovavamo in un altro Paese Europeo da parenti. Per il rientro in Italia col nostro volo non eravamo preoccupati ma abbiamo comunque verificato se ci fosse stata qualche prescrizione sanitaria o qualche impedimento. Nulla!
Fin da subito, dall’inizio dei primi contagi in Cina, abbiamo filtrato molto le notizie provenienti dal web e dai telegiornali anche per la nostra propensione a non fare affidamento a tutte le notizie che passano. Abbiamo smorzato il tono catastrofico fin da subito imposto dai media e abbiamo risposto con estrema calma e cautela. Non abbiamo ritenuto necessario esporre a telegiornali, immagini e notizie i nostri bambini, perché ovviamente troppo piccoli per capire la situazione.
Una volta in Italia ci è parso immediatamente contradditorio e confuso l’operato del Governo. Le difficoltà che avrebbero avuto molte famiglie e molti lavoratori. Ci hanno fatto molto riflettere alcune notizie e abbiamo la certezza che molte cose vengano omesse o strumentalizzate per scopi che non possiamo sapere.
Detto ciò, appurata la non pericolosità del virus per i nostri bambini grazie ad alcuni medici e pediatri che lo hanno dichiarato, abbiamo osservato, come tutti, i provvedimenti imposti e via via diramati dal Ministero a partire dai primi di Marzo e abbiamo continuato a vivere e comportarci in famiglia in modo normale coerente e tranquillo cercando di organizzarci al meglio.
Abbiamo una nonna anziana ultraotrantenne ma autonoma e arzilla che abbiamo ritenuto opportuno non andare a trovare ma con la quale siamo costantemente in contatto telefonico. Oltre queste accortezze la vita prosegue anche se senza asilo e con qualche sacrificio. Si gioca, si fa il pane in casa, i biscotti, si esce in giardino. Non penso ci peserà non frequentare alcuni luoghi per un mesetto. Forse alla nostra famiglia basta la nostra presenza.
Il Carnevale di Castelrosso è sicuramente uno dei momenti più significativi di questa allegra comunità: l’aspetto della festa e del divertimento si fonde con la parte storica, che ricorda le radici di questa realtà, ovvero la nascita della Contea di Castelrosso avvenuta nel 1694 con la fusione dei cantoni delle Berre, delle Margarite e dei Torassi sotto il Conte Giò Pietro Margherio.
Le origini del carnevale, come in molti paesi,
si perdono nella notte dei tempi, ma è dalla metà degli anni ’60 che inizia
prendere forma, sotto la spinta del vulcanico don Nicolino. Nascono in quegli
anni le figure del “Sindaco del comune dei giovani” e della “Bella Oratoriana”,
che accompagnati da quattro dame vestite di verde saranno le maschere ufficiali
del paese fino al 1976, quando con Elidio Obialero e Mirosa Blatto si chiuderà
l’era di queste figure.
Nel 1977,
infatti, vengono istituite le maschere del Conte, della Contessa e della corte,
formata da dame, cavalieri e paggetti: vestono abiti di foggia settecentesca,
in linea con i panni indossati dai nobili all’epoca della nascita della Contea.
Il primo Conte e la prima Contessa furono Massimo Chiavarino ed Anna Torasso.
Viene realizzato anche l’inno del carnevale parole (manco a dirlo) di don
Nicolino e musiche del maestro Graziano (pro-zio del sottoscritto), che ancora
oggi accompagna musicalmente tutti i momenti della manifestazione.
Da allora il testimone è stato passato di anno in anno fino ad oggi, con Mario Lapiana e Naomi Petullà, conti 2020.L’impegno della Pro Castelrosso, organizzatrice della manifestazione, continua a permettere di far vivere questa tradizione, nonostante le “ complicazioni della vita moderna)
Nel 2011
nasce l’ordine delle “Contesse a corte”,
l’anno successivo quello dei “Conti a corte”, composto da chi negli anni ha
rivestito questi ruoli e nei quali entrano di diritto coloro che anno dopo anno
veste i panni delle maschere del paese: Castelrosso ha un forte senso della
comunità, ed anche questo è un modo per affermarlo, sempre nell’ottica di
divertirsi e far divertire, senza mai esagerare nel prendersi “ troppo sul
serio”.
Il carnevale di Castelrosso è soprattutto divertimento e voglia di stare insieme: negli anni ha conosciuto i fasti, con tantissimi carri, le trattorie lungo il percorso della sfilata, la mitica Lancia Fulvia cabrio che apriva il corteo con a bordo don Nicolino, le tante persone di tutte le età che affollavano le strade. Oggi, come accade in molti posti, ha vissuto un ridimensionamento, ma una cosa è rimasta invariata: la grande voglia di fare festa “ai Berij”!!!
ANNO
CONTE
CONTESSA
1977
MASSIMO CHIAVARINO
ANNA TORASSO
GIUSEPPE GRANDI
BETTINA VINCENZI
MARCO CHIAVARINO
BETTY CISNETTI
LIVIO ROBIOLA
GIUSY ROBIOLA
ALDO TORRIONE
GIULIA SANTA
ARNALDO CLERICI
GIUSY ALBERTI
LIVIO DANIELE
MARI’ CHIAVARINO
ERCOLE OLDANO
TERESA VILLOSIO
SANTO MERENDA
BRUNA CHIAVARINO
ERCOLE OLDANO
TERESA VILLOSIO
GIACHELLO GASPARE
GIULIA SANTA
MARCO BONGIOVANNI
EMANUELA BISCARO
GIUSEPPE SANDRONE
DANIELA CHIAVARINO
RENZO LUSSO
CATERINA COSTANZO
MASSIMO GIOVANNINI
SIMONETTA PIANA
MASSIMO GIOVANNINI
SIMONETTA PIANA
GIAMPAOLO BOGETTO
DONATELLA BIROCCO
DARIO SANTA
FRANCA SANTA
RICCARDO SANTA
ELVIRA LUSSO
PIERANGELO CAREGGIO
MARA DANIELE
VINCENZO BERTUCCI
ANTONELLA DEGASPERI
ALBERTO GRECO
CINZIA TUNINETTI
EDOARDO ACUTIS
DONATELLA ACUTIS
MARIO PEDUSSIA
PAOLA BOGETTO
ALBERTO GRECO
CINZIA TUNINETTI
MARINO FONTANA
RITA VALDEMARCA
MARINO FONTANA
RITA VALDEMARCA
MARCELLO AUTINO
NADIA SANTA
GIUSEPPE ORTALDA
CRISTINA CERATO
ROBERTO MOSCO
GIORGIA BARELLE
ENRICO GALBIATI
LORENA CLERICI
PIETRO TUNINETTI
ELISA DEL GOBBO
MICHELE CRUPI
MONICA FERRERO
MARCELLO AUTINO
MONICA FERRERO
PATRIZIO LUSSO
ALICE BARBERO
MATTEO DORIA
SILVANA TAPPARO
GIUSEPPE GROSSO
GIANNA VILLATA
SAMUELE CAREGGIO
SERENA LIGUORI
MARCELLO AUTINO
SARA GIAMMARIO
CHRISTIAN BERTONE
ELENA ORTALDA
CLAUDIO DANIELE
GIULIA DONATO
2020
MARIO LAPIANA
NAOMI PETULLA’
Si ringrazia per il contibuto
Crisitna Cerato Marì Chiavarino Rita Valdemarca
Matteo Doria
Consigliere Comunale della città di Chivasso, imprenditore
Il Carnevale di Chivasso 2020 ha già mosso i primi passi, con la presentazione della Bela ToleraMelissa Bertaina, dell’Abba’ Ugo Novo e della corte, e con i primi appuntamenti di questa storica kermesse che riempie le strade di grandi e piccini in festa. Una tradizione vecchia di secoli, che continua nonostante il mutare dei tempi a far divertire i chivassesi, e non solo, durante tutto il suo periodo, mescolando eventi goliardici a momenti più impegnati. Il nostro è uno dei carnevali più antichi di Italia, addirittura le prime tracce dell’esistenza di questa festa si perdono nei secoli, risalendo a circa 600 anni fa.
La Bela Tolera Melissa Bertaina e l’Abbà Ugo Novo.
Le prime tracce dell’odierna figura maschile, l’Abba’, sono anch’esse molto antiche: come ricordava sempre Don Piero Bertotti durante la cerimonia di investitura, che si tiene in Duomo, questo personaggio era a capo di una Confraternita di Buontemponi durante il quattordicesimo secolo, che però veniva definita come una compagnia di “stolti” volti ad eccessi. Si narra che per coprire i costi delle goliardate di questa compagnia venivano inventate tasse e balzelli, e con il tempo la situazione andò degenerando.
Nel 1434 si convenne che il segno era stato passato, e per dare una regolata alla situazione, la Confraternita assunse connotazioni religiose votata al patrono San Sebastiano, in onore del quale venne eretta in Duomo una Cappella; l’Abbà assunse un ruolo più solenne e disciplinato: nel 1452 la Credenza Pubblica della Città gli riconobbe alcune importanti prerogative quale il ruolo di giudice delle tante controversie che sorgevano fra i chivassesi, con il potere di poter liberare alcuni carcerati durante il suo mandato. Nel 1878 questa figura venne destituita, fino al suo reinserimento ufficiale come maschera storica della Città nella storia recente.
Nel 1862 nacque il “Circolo di Agricoltura, Industria e Commercio“, oggi meglio nota come “L’Agricola” (la Pro Loco), che nel 1905 decise di creare la figura della Bela Tolera: veniva scelta tra le giovani ragazze chivassesi, con il compito di rappresentare la città durante il periodo carnevalesco in qualità di “Regina del Mercato” ( a riprova della storica vocazione commerciale della nostra Città), accompagnata inizialmente da 4 damigelle e scortata dagli armigeri a cavallo.
Il nome trae origine dall’appellativo che ancora oggi contraddistingue i chivassesi: la Tola (latta, metallo in piemontese) era quella che fasciava la guglia del campanile del Duomo, prima che questa venisse abbattuta dai Francesi durante l’assedio del 1705, e che, riflettendo i raggi del sole, indicava agli abitanti delle colline circostanti la posizione della città. Alcuni, più malignamente, affermano che l’appellativo venne dato ai chivassesi per la loro abilità oratoria nel condurre gli affari durante il famoso mercato settimanale del mercoledì.
Matteo Doria con La Bela Tolera e l’Abbà 2020.
La Bela Tolera e le sue damigelle rimangono le uniche figure storiche del carnevale fino al 1948, quando venne deciso di affiancarle anche la figura dell’Abbà e degli alfieri: venne inoltre stabilite che le nostre maschere storiche dovessero vestire panni ottocenteschi.
La nascita del grandioso Carnevalone di Chivasso si può dire che fu quasi una caso: nel 1951, infatti, le pessime condizioni meteorologiche non consentirono di svolgere il carnevale nella domenica preposta, e si chiese allora alVescovo di Ivrea una dispensa per poterlo svolgere la domenica successiva, ovvero la prima domenica di Quaresima: da allora è diventato un appuntamento fisso, che negli anni è cresciuto diventando uno dei quattro principali carnevali della nostra Regione, attirando gente da ogni dove, al punto che quest’anno verrà inserito negli eventi dei festeggiamenti ufficiali dei 50 anni della Regione Piemonte! Tra il serio ed il faceto, il carnevale rimane una delle feste più sentite, dove si lasciano da parte problemi e preoccupazioni per vivere giorni allegri e spensierati. E allora… CHE CARNEVALE SIA!
Fonti: pro loco Chivasso l’agricola
Matteo Doria
Consigliere Comunale della città di Chivasso, imprenditore
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