Educatrice presso “Nel Mondo di Alice”

Notizie da una paziente del 5° piano: reparto COVID-19

C’è gente che il tempo del corona virus non lo vive in casa, ma di prima persona.

Ti alzi un mattino e ti rendi conto che respiri a fatica. Sguardi veloci, bisogna andare in ospedale.

Nessuno parla. Arrivati davanti alla tenda verde, il gelo. Quella tenda, che sono abituata a vedere al raduno degli alpini vestita a festa, ora mi fa paura! Un infermiere molto gentile mi viene incontro, qualche domanda, mascherina ed arriva il momento più brutto. Siamo grandi, adulti responsabili, ma quando ti dicono “signora saluti suo marito, lui non può entrare”, ecco in quel momento lo stomaco si chiude e ti assale un senso di paura. Butti giù le lacrime e ti incammini. Mai e poi mai avrei potuto immaginare cosa mi sarei trovata davanti.

Un’infinità di camici blu che con il sorriso (ovviamente sotto una maschera che fino a quel momento avevo visto solo nei film), cercano di tranquillizzarti.

Tutto scorre veloce, la febbre, il fiato corto, analisi, raggi ed infine la notizia che bisogna fare il “fatidico tampone”.

Tantissime persone attorno a me, nessuno parla. Cercavo una faccia familiare, ma non c’era.

Poi la decisione di spostarmi al 5° piano. Reparto COVID-19.

Una nonnina di 84 mi aspettava nella camera. Anche lei con lo sguardo perso nel vuoto. Ho cercato un po’ di forza per fare due parole. È scoppiata in un pianto liberatorio, tra le lacrime e in dialetto mi raccontava che era una settimana che non vedeva sua figlia e non ne poteva più. Questa è la parte più brutta della malattia…essere completamente soli!

I giorni passano e arriva l’esito. Il medico fa il giro delle stanze e…positivo!

Sono bravi e professionali, sanno che per il paziente è come una doccia fredda!

“Tranquilla la febbre passerà e tutto tornerà come prima!”

Ora in camera con me c’è una signora, anche lei positiva, siamo in due e ci facciamo forza. I giorni passano e il corpo cerca di reagire. Un giorno completo senza febbre significa la possibilità di andare in quarantena a casa…

Le notti sono lunghissime, tutto tace in un’apparente tranquillità, poi passi veloci nei corridoi, “veloci, veloci non respira bene!” Tu guardi la tua vicina, nessuno parla, ma negli occhi la speranza che tutto vada bene.

Grazie medici, grazie infermieri, grazie tutto il personale sanitario, State facendo un lavoro straordinario e noi non dovremmo mai dimenticarlo, lo stato non dovrebbe mai dimenticarlo!

Comunque io sto bene, 15 giorni in solitudine, in silenzio – quello sconosciuto.

Tutto andrà bene.

Marì Chiavarino