Il trasporto pubblico chivassese
di Cristina Sargenti
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Sono le 8. Esco di casa e mi reco a piedi alla fermata dell’autobus di via Blatta col passeggino gemellare. Siamo io e i miei due bambini.
Oggi dobbiamo prendere il bus, la linea blu di Chivasso. Il pullman arriva puntuale alla fermata e sorge il primo problema. Si tratta di un bel bus di linea della capienza di 50 posti a sedere. All’interno ci sono l’autista e il secondo autista. C’è una alta scalinata da affrontare per accedere al pullman. “Ok, ce la posso fare!”. Chiedo al mio primo bimbo di scendere e salire da solo sul bus ed aspettarmi dentro. Poi cerco di affrontare la scalinata da sola con l’altro bimbo sul passeggino (troppo piccolo per poter entrare ed aspettarmi da solo).
Per fortuna il secondo autista viene ad aiutarmi a salire. Blocco il passeggino e ci sistemiamo. Siamo soli. Noto che non sale nessuno per alcune fermate. Dopo 15 minuti finalmente salgono i primi passeggeri. Mi sorge una domanda: ma perché questo pullman così grande è quasi completamente vuoto?
Sono arrivata alla meta, Castelrosso, in perfetto orario. I passeggeri a questo punto sono 6. Per scendere dal pullman ho lo stesso problema che avevo per salire ma per fortuna una donna ci aiuta a scendere. Continuo a pensare alla capienza del pullman rispetto agli utilizzatori.
Devo ritornare indietro, prendo il pullman che parte alle 9.25 da Castelrosso. Altrimenti dopo di questo dovrei aspettare due ore per poter ritornare.
Tutto sommato è stato positivo prendere questo mezzo. È un servizio necessario ad una città come Chivasso e potrebbe essere migliorato ed incentivato.
Mobilità elettrica e contraddizioni
Penso che un pullmino più piccolo elettrico potrebbe funzionare meglio e però fare più passaggi durante la giornata. Così sarebbe più facile salirci col passeggino perché sono più bassi, raso marciapiede. Non dovrei chiedere aiuto per salire e non inquinerebbero, sarebbero adeguati all’epoca che stiamo vivendo che ci chiede meno emissioni di CO2 in atmosfera.
Leggendo articoli e ascoltando servizi sulla materia, scopro che esistono addirittura micro autobus elettrici, stampati in 3D, guidati da un supercomputer. Una risorsa già adottata in diverse città nel mondo: stiamo davvero vivendo in un’epoca rivoluzionaria, in cui la tecnologia è davvero al servizio dell’uomo per migliorarne la qualità della vita.
Quindi mi informo meglio e scopro che il Comune di Chivasso ha appena acquistato altri due pullman simili da 50 posti, a gasolio spendendo 275.000 euro. Che i suddetti bus sono utilizzati esclusivamente come Scuolabus e sono di proprietà del Comune e quindi, potenzialmente utilizzabili per l’intera comunità ma vengono adoperati solo nelle fasce orarie scolastiche.
Inoltre, scopro che da almeno 5 anni si parla della necessità di avere tre autobus elettrici per il trasporto pubblico, ma non sono mai stati acquistati.
E nuovamente, ci troviamo davanti alla contraddizione di amministratori che si riempiono la bocca di paroloni ecologisti sulla mobilità sostenibile, sulla micromobilità, per poi vivere, nella migliore delle ipotesi nell’immobilismo.
Perché i pullman a gasolio da 275.000 € sono l’ennesima dimostrazione che predicare bene ma razzolare male fa più danno di una nuvola di particolato.
Cristina Sargenti